«Pakistan, che non ha mai ammesso il genocidio nel Bangladesh del 1971 e perseguita chi ne parla. L’episodio fu uno dei più sanguinosi del secondo Novecento, nonostante risulti ignoto al pubblico occidentale: più di 1 milione di morti nei primi mesi dell’anno. Quando in Bangladesh, allora Pakistan Orientale, anche a seguito della cattiva gestione della grande alluvione del 1970, vinse le elezioni il partito indipendentista, il governo di Islamabad reagì con l’occupazione militare. L’occupazione si tradusse immediatamente in genocidio. L’esercito coprì l’azione di milizie islamiste che presero subito di mira intellettuali, minoranze religiose (soprattutto indù), veri e presunti indipendentisti e donne (da 200mila a 400mila furono vittime di una campagna di stupri sistematici). In pochi mesi, militari e paramilitari provocarono un numero ancora da accertare di vittime, da un minimo di 200mila a un massimo di 3 milioni, più probabilmente 1 milione secondo le statistiche del politologo Rudolph Rummel. Dal Paese fuggirono 8 milioni di persone, soprattutto indù e 30 milioni furono gli sfollati. (S. Magni, Lnbq 29.5.21). Com’è noto, c’è il Pakistan dietro ai talebani.
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