«Analizzando la cinematografia italiana del dopoguerra, si scopre che non c’è una sola figura di industriale riguardata con simpatia o almeno con qualche comprensione. Registi come Nanni Loy, Dino Risi, Nanni Moretti, Franco Rosi non erano certo tenuti a fare della retorica su quanti investivano soldi, energie fisiche e capacità tecniche in fabbriche che avrebbero dato lustro al paese ma non erano tenuti neppure a presentarli in una luce costantemente ambigua (…);
fino al 1977 “l’introduzione del colore fu osteggiata da Ugo La Malfa, fautore di una politica economica pubblica in veste pauperistica, e dal principale sindacato, la Cgil, che evidentemente considerava la televisione a colori un lusso che gli italiani non si potevano permettere. E come risultato ottennero il fallimento dell’industria elettronica italiana, che non vendeva più televisori in bianco e nero e non poteva ancora produrre televisori a colori. Quando poi si decise di introdurre il colore, anche sotto la spinta della riforma della Rai, gli italiani andarono a comprare il televisore a colori, nei negozi trovarono soltanto marche che si chiamavano Telefunken, Grundig o Sony… di italiano neppure l’ombra. Un bel risultato per l’economista La Malfa e per il sindacato, non c’è che dire”» (D. Cofrancesco, Huffington Post, 19.12.21).
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…e buon natale, se vi riesce.
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