Sono in provincia di Novara, devo andare a Milano. C’è una fermata del bus Saf che due volte al giorno –dice il cartello con gli orari- ci va. Mi piazzo e aspetto. Arriva. Ho un presentimento e chiedo se va a Milano. L’autista risponde che sono anni che tale corsa è stata abolita. Replico che sull’orario compare sempre. Si stringe nelle spalle. Vabbè, salgo lo stesso per la città più vicina. Ma l’autista-bigliettaio non ha il Pos a bordo. Insisto, ma come, la legge… Risposta: no secco e sgarbato. Vabbè, vado a piedi al treno. Non c’è biglietteria e, memore di multa salata, mi accingo a percorrere con valigia la lunghezza del convoglio per comunicare al capotreno che non ho il biglietto. Attendo. L’altoparlante avvisa: venti minuti di ritardo. Attendo con pazienza. L’altoparlante avvisa che il ritardo è salito a trenta minuti. Come Dio vuole, ecco il treno, avvisto la capo e faccio il biglietto con lei. Chiedo: ma con un ritardo di trenta minuti posso chiedere il rimborso? Risposta: no, il limite è stato portato a un’ora. Ma perché non sono nato in Svizzera?