Durante la guerra «cristera» in Messico (1926-29), i «federales» usavano deportare la popolazione civile per fare terra bruciata attorno ai cristeros. Circa un milione di persone (su una popolazione di meno di sette milioni) finì nei campi di concentramento, che «causarono decine di migliaia di morti per malattie». I federales usavano anche il terrore in modo pianificato: «esecuzioni di massa, impiccagioni pubbliche (celebre la fotografia con la fila di impiccati ai pali del telegrafo lungo la ferrovia di Jalisco), l’esposizione di cadaveri, le torture o la “politica della terra bruciataâ€Â». I federales non facevano prigionieri: «i civili in ostaggio venivano sempre assassinati». Ancora: «I prigionieri venivano forzati a camminare su piedi scorticati (fu il caso, per esempio, del ragazzino José Sanchez Del Rio, poi ucciso perché si rifiutava di gridare «Muerte a Cristo!» e oggi beatificato, ndr), bruciati o scorticati vivi; gli si rompevano le ossa con leve e bastoni, venivano squartati, appesi per i pollici, garrotati, sottoposti a scariche elettriche, bruciati da lampade roventi, torturati con l’acqua inserita a forza con un imbuto, allungati su tavoli, trascinati da un cavallo». Ancora: «Il bestiame veniva razziato e inviato a Città del Messico o negli Usa (che aiutavano il governo contro i cristeros, ndr). Le case erano lasciate al saccheggio dei soldati, le chiese dissacrate». Ancora: le ostie calpestate, i paramenti usati per danze oscene, così come le ricche vesti delle statue della Vergine, le tombe profanate. Questa prassi era sistematica. Sarà replicata dieci anni dopo nella guerra di Spagna. Cfr. Mario A. Iannaccone, “Cristiada. L’epopea dei cristeros in Messico†(Lindau, pp. 240-241).
il blog di Rino Cammilleri