Per mestiere, da tanti anni devo, ogni mattina che Dio manda in terra, leggere diversi quotidiani. La specializzazione professionale che, come talvolta càpita, mi si è venuta formando addosso mi ha via via liberato da una fatica boja nonché sempre più uggiosa: quella di dover scrutare le cosiddette cronache di palazzo.
Le quali, a parte accadimenti realmente importanti (ma per quelli bastano i titoli), si risolvono immancabilmente in questa specie di asilo: l’onorevole XY ha dichiarato che, il senatore YX allora gli ha risposto di, insorge l’opposizione ed è scontro durissimo in sottocommissione, pronta la replica del portavoce, il clima si fa incandescente… Beh, il resto mettetecelo voi, ché a me manca lo spazio (e la voglia). 
Penso a quei giornalisti che con questa roba debbono guadagnarcisi il pane diciotto ore al giorno, per tutta la vita, e ringrazio il Signore di avere voluto, per me, un altro destino. Già, perché da ragazzo anch’io sognavo, come tutti, di diventare un giorno un grande commentatore politico. 
Adesso che sono un uomo maturo so per certo che, in questo Paese, da mezzo secolo (l’età della nostra democrazia) almeno elettoralmente le cose sono sempre andate nello stesso modo: la maggioranza di questo nostro stupendo popolo (il migliore del mondo) non ha mai votato «per» qualcuno, ma sempre «contro» qualcun altro.