Da Mondo e missione (dicembre 2007), p. Piero Gheddo: «Esempio classico il Congo belga (oggi Repubblica democratica del Congo), esteso sette volte l’Italia e con 15 milioni di abitanti nel 1960.
Il 1° luglio di quell’anno giunge all’indipendenza con soli 14 laureati, alcuni dei quali purtroppo educati a Mosca all’odio verso l’Occidente. Sale al potere uno di questi, Patrice Lumumba, che una settimana dopo l’indipendenza espelle tutti gli stranieri e specialmente i belgi che tenevano in piedi l’economia, i trasporti, gli aerei, le banche, i commerci internazionali, la medicina e gli ospedali, le scuole superiori, la polizia e l’esercito, ecc. In un mese il Congo è precipitato nel caos».
Commento: a quel tempo la parola d’ordine era «indipendenza senza se e senza ma». Nel secolo precedente, l’Africa era stata colonizzata con diversa parola d’ordine: «il fardello dell’uomo bianco». Che portò strade, scuole, ospedali, sì, ma non creò un ceto medio che fosse in grado di reggere il proprio Paese da solo.
Ma a quel tempo le Potenze europee non avevano alcun motivo, né interesse, per farlo. Avrebbero dovuto farsi precedere dai missionari, o aprire loro la strada, perché cambiassero previamente le mentalità indigene (improntate all’islam o all’animismo). Purtroppo, i governi occidentali erano in guerra con la Chiesa e, anche qui, l’ideologia prevalente ostava a una vera emancipazione dell’Africa.
Oggi l’ideologia dell’Occidente è il politically correct, che manda denari e preservativi ma esige che le «culture locali» restino sotto vetro come allo zoo (pardon, parco ecologico). Così, la povera Africa è sempre condannata a subire quel che i sinistri intellettuali occidentali di volta in volta escogitano.
il blog di Rino Cammilleri
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