Ho avuto l’onore di essere amico di Léo Moulin e di farne l’elogio funebre al Meeting di Rimini del 1996. Grandissimo sociologo delle religioni, ogni suo libro è stato per me illuminante. Ringrazio adesso Cosimo Galasso de «Il Corriere del Sud» (1 febbraio 2010) di avermi ricordato un suo passo, da cui traggo alcuni brani: «All’inizio del Seicento l’Europa conta 108 università, mentre nel resto del mondo non ce n’è una». Nel Medioevo «i minatori tedeschi vivono nel terrore degli gnomi, dei folletti» del sottosuolo. Li chiamano «coboldi» o «nikolaus» (il primo termine darà luogo al nome «cobalto» e il secondo a «nikel»). Ma «i teologi dicono una frase che dominerà l’intero destino dell’Occidente: Dio ha visto che ciò che ha fatto era buono e lo ripete, lo ripete sei volte». Dunque, niente paura. «Nello stesso tempo in Tibet i Lama proibiscono ai minatori di scavare la terra perché così facendo si va a scavare nella Madre e la si ferisce. Quindi, nessuna possibile metallurgia, se non con i minerali di superficie». Tra il XV e il XVI secolo gli europei contavano su «centocinquanta utensili, mentre in India ne avevano due. In india ci voleva un giorno per fare un tavola e noi la facevamo in due ore». Un progresso, dovuto al cristianesimo («L’idea di progresso appare già nel XII secolo») e che, attenzione, «affonda le sue radici nella tradizione, perché “sale sulle spalle” di quelli che sono venuti prima». La frase è di Bernardo di Chartres (1100-1169): «Siamo come nani sulle spalle di giganti, sì che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non per l’acutezza della nostra vista ma perché sostenuti e portati in alto dalla statura dei giganti».