L’incidenza e l’influenza della cultura cattolica nella nostra società l’ho misurata, se ancora ne avessi avuto bisogno, questo sabato (29 maggio 2010) ad Arona, in provincia di Novara, sul Lago Maggiore. Una importante libreria locale organizza nel corso dell’anno una serie di iniziative culturali, tra cui un intero pomeriggio nel quale un autore firma copie dei suoi libri per i lettori. Sabato toccava a me. Prima di me c’era stata Amélie Nothomb, al tavolo della quale c’era, ovviamente, una lunga fila. Non così per me, naturalmente: sono un autore «di nicchia», come si dice. La vetrina principale era tappezzata con la mia ultima fatica, proprio la raccolta di «Antidoti» (Lindau). Qualcuno è entrato appositamente perché già mio lettore. Gli altri si sono fermati incuriositi, ma l’atteggiamento generale è ben riassunto da una signora che mi ha chiesto: «Di che si tratta?». Ho risposto che era una raccolta di articoli del mio blog, fatti e fatterelli letti alla luce della visuale cattolica. Al che, la signora ha replicato: «Eh, di libri di preghiere ne ho già diversi…». Sì, perché nella testa dell’uomo medio, ormai, «cattolico» è sinonimo di «devozionale». Infatti, nei talkshow televisivi gli autori cattolici vengono invitati solo se si parla di Lourdes o di Vaticano. Il numero uno degli scrittori cattolici italiani (e non solo), Vittorio Messori, firma, sì, sul «Corriere della Sera», ma solo commenti su quel che ha detto il papa o la solita Lourdes. L’editoriale (l’articolo a sinistra in prima pagina, per intenderci) lo fanno Ernesto Galli Della Loggia, Angelo Panebianco, Giuseppe Sartori, Sergio Romano… «Laici», insomma. Gli unici considerati autorevoli per pronunciarsi su tutto, anche sui temi catto-devozionali. Gli opinionisti cattolici li trovate solo nel loro ghetto, dal quale li si convoca solo per, al solito, Lourdes o quel che pensa il papa dei preservativi. Pazienza, è già tanto che (ancora) non ci ammazzano…