Una volta, a un party per bestselleristi organizzato dalla San Paolo, al tavolo dei tramezzini mi rivolsi a quel simpaticone di De Crescenzo (la cui bonomia traboccava una sera sì e l’altra pure al Maurizio Costanzo Show) e, tanto per attaccar discorso, gli chiesi, sorridendo, se per caso avesse letto il mio «Il quadrato magico». Che non era certo opera di esordiente, visto che aveva già fatto sei edizioni per Rizzoli e, finito addirittura in classifica, stava nella collana BestSeller della Bur. In più, ero ospite come lui del party per happy few. Ebbene, non avevo finito la frase che quasi mi azzannava alla gola, gridandomi in faccia con espressione furibonda: «Io già devo leggere centocinquanta libri solo per farne uno mio!». Così, coda fra le gambe, mormorai uno striminzito e fantozziano «mi scusi…» e girai i tacchi. Eh, ognuno ha il suo modo per tenere alla larga gli scocciatori. In effetti, malagrazia a parte, uno scrittore affermato è sempre subissato da plichi, manoscritti, opere prime, con la postilla: «Se ha un po’ di tempo, vorrei un suo giudizio». Ora, se uno come me ha un po’ di tempo, va a fare due passi (anche andare al cinema va sotto la voce «lavoro»). Chiedereste un articolato parere legale gratuito a uno, che sapete avvocato, agganciato al bar? No, certo: sarebbe roba da film di Alberto Sordi. Tuttavia, tranquilli: io sono uno scrittore cristiano e non caccio via nessuno, anche a ricordo di quelli (due soli) che trovarono il tempo per leggere la mia opera prima, Dio renda loro merito. E poi, non si sa mai: non vorrei perdermi un’eventuale capolavoro ancora ignoto. Ma sappiate che, in caso di giudizio negativo, il sottoscritto deve anche trovare (altro) tempo per rispondere articolatamente e non urtare le suscettibilità del postulante (un paio dei quali, per tutto ringraziamento, mi mandarono in quel posto con insulti: cornuto e mazziato). Tuttavia, dato che l’onere aumenta, ho fatto come l’avvocato dell’esempio di cui sopra: col collega Mario Iannaccone ho aperto una scuola di scrittura creativa, che è il luogo naturale per valutare opere prime (anche saggistica). E poi, quattro occhi sono meglio di due.