Scrive lo storico e testimone Ammiano: «Mentre dunque Alipio portava avanti alacremente i lavori, con l’aiuto del governatore della provincia, formidabili globi di fiamme, erompendo con frequenti ondate presso le fondamenta, resero il posto inaccessibile, dopo aver bruciato talvolta gli operai; in questo modo, poiché gli elementi respingevano addietro in maniera ostinatissima, l’impresa iniziatasi cessò». Non solo, ma fin dal 362 diversi terremoti avevano devastato la Palestina e, nell’area dei lavori di cui si tratta, a un certo punto una scossa aveva abbattuto il portico sotto cui si erano rifugiati molti operai e li aveva uccisi. Stiamo parlando del tentativo di ricostruzione del Tempio di Gerusalemme da parte dell’imperatore Giuliano detto l’Apostata. L’impresa era condotta da Alipio, ex vicario di Britannia, e godeva di stanziamenti ingentissimi, cui si erano aggiunte le offerte di tutti gli ebrei della diaspora. Giuliano, infatti, voleva dimostrare che la profezia di Cristo sulla rovina del Tempio era fallace. E intendeva ripristinare gli antichi culti pagani: un dio diverso per ogni nazione. Cfr. Giuseppe Ricciotti, Giuliano l’Apostata, Mondatori 1856, pp. 280 ss. Qualcuno ha spiegato che, forse, quei globi di fiamme erano dovuti a infiltrazioni di nafta smossa dai movimenti tellurici. Da allora, comunque, nessuno ha più provato a riedificare il Tempio.