A Milano c’è un ex convento seicentesco che da tempo, suppongo per mancanza di vocazioni, è stato adibito ad altro uso. Il nome che gli è stato assegnato è evocativo: «Abbadesse Folie». Infatti evoca due cose: la vecchia destinazione e la nuova, che volutamente assona con le parigine Folies Bergères. Il 7 giugno 2014 vi è stata inaugurata la prima delle serate, come dice il trafiletto sul «Giornale» del giorno prima, «per un tuffo nelle vibranti corde della trasgressione». Protagonista, il «burlesque», che, per chi non lo sapesse, consiste nell’ammirare una ballerina seminuda intenta a compiere sinuose evoluzioni all’interno di una vasca trasparente e piena d’acqua in forma di coppa di spumante. Uno, religiosamente sensibile, potrebbe dire: ma proprio in un antico convento? Il punto è che sono tremila i religiosi che, ogni anno, abbandonano l’abito. Così, sono ormai legione gli edifici (a volte enormi, perché pensati, illo tempore, per centinaia di vocazioni) che languono in attesa di riqualificazione. Già, ma come lo riqualifichi un convento seicentesco, con chiostro, magari affreschi, capitelli, cappella e statue di santi? Che ci fai, un albergo? Un centro congressi? Ma la domanda è un’altra: chi lo compra? Chi scuce denari, compresi quelli per la ristrutturazione e la manutenzione (vigilanza, riscaldamenti eccetera), non può certo contare, come le monache di una volta, sui benefattori. Perciò c’è poco da fare i difficili se ambienti un tempo echeggianti cori gregoriani adesso risuonano dei trilli di Madame Satine e di applausi alle sue performances. Specchio dei nostri tempi: dai Salmi al Burlesque.