Una delle recenti indignazioni nazionali riguardava -ricordate?- la scoperta di un tentato acquisto per 30mila euri di un bambino romeno di otto anni da parte di una coppia di messinesi residenti in Svizzera. Le forze dell’ordine hanno sventato in tempo il misfatto. Traffico internazionale di bambini, orrore, che schifo, di questo passo dove andremo a finire, ecc. ecc. Finale: il bambino oggetto di smercio è stato restituito alla famiglia. Cioè, all’indigenza di chi di figli ne aveva già tanti e non sapeva come sfamarli tutti. La coppia di impediti acquirenti, se vuole un figlio, dovrà assoggettarsi alle regole dell’adozione. Cioè, campa cavallo. Conosco personalmente coppie che, dopo anni di lotta, hanno gettato la spugna e si sono rassegnati a restare senza. Va bene così, dura lex sed lex (frase che sembra la réclame di bicchieri infrangibili). E la lex dice alla famiglia romena indigente: dovevi usare gli anticoncezionali o far ricorso all’aborto. A quella siculo-svizzera: con gli stessi soldi pà gati l’inseminazione artificiale o affitta un utero. Certo, comprare e vendere bambini non è una bella cosa, chi lo nega? Ma da che mondo è mondo è sempre stato normalissimo che bambini di famiglie povere venissero cresciuti da altre famiglie più abbienti. A volte erano parenti, altre conoscenti, altre ancora perfetti sconosciuti ma che davano garanzie che il bambino avrebbe avuto affetto e una vita di gran lunga migliore. Ci sono stati, nella storia, fior di grandi uomini e pure di Santi canonizzati che sono cresciuti così. Oggi non si può più, perché l’«interesse del minore» ha avviluppato quest’ultimo in una serie infinita di lacci e lacciuoli burocratici, talmente intricata da scoraggiare i più. Chiediamoci: se la coppia rea di voler comprare il bimbo romeno avesse potuto ottenere un adottato per vie normali e legali, sarebbe ricorsa all’illecito? Si trattava forse di conclamati o almeno sospetti pedofili? No? Solo una coppia che voleva avere a tutti i costi un bambino? Ci sono in mezzo a noi interi gruppi etnici che trattano i bambini come bestiame, ma sono intoccabili perché la loro «cultura» è così da sempre e va rispettata (mah). E siamo anche sicuri che, quando, dopo mille lotte «di civiltà », passeranno le nozze gay, le coppie siffatte avranno una corsia preferenziale –senno’ sarebbe «discriminazione», non sia mai- per poter adottare bambini. Ai quali fin dall’asilo verrà insegnato che è molto meglio crescere con due «papà » (o «mamme») che hanno seguito l’iter della legge, che con una coppia etero originaria di Messina che la legge ha fraudolentemente cercato di aggirare. Auguriamo a quel bambino romeno, tornato a casa, ogni bene. Magari, da grande potrà venire in Italia, come da accordi di Schengen. Certo, non sarà cresciuto da cittadino italiano e presumibilmente, nato nell’indigenza, non avrà studiato. Sappia che i romeni non hanno buona fama da noi, vista la loro cospicua presenza percentuale nelle nostre carceri. La sua vita sarebbe potuta essere diversa con soli 30mila euri. Ma la legge è legge, duralex, infrangibile come le teste che l’hanno pensata. A che servono un governo e la legge? Ve lo dico io: a rendere conveniente fare il bene e pericoloso fare il male. Ma prima bisognerebbe chiarirsi le idee su cosa è bene e cosa è male. Se questi concetti diventano variabili e mutevoli in base al prevalere di certe lobby su altre (c.d. relativismo), ha ragione sant’Agostino: non c’è più differenza tra uno Stato e una banda organizzata di predoni. Direte: allora giustifichi la compravendita di bimbetti? Certo che no, ma vi sembra che, in questo caso, si sia ottenuto il miglior «interesse del minore»?
il blog di Rino Cammilleri
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