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CINE

-«Il processo di accentramento della produzione e della distribuzione si è concluso nei primi anni 2000, portando il cinema italiano a diventare un cinema di Stato, finanziato da commissioni politicizzate, privo di selezione e merito, controllato da pochi ambienti ideologicamente coesi e collegati alla televisione» (M. Iannaccone, pref. a R. Marchesini, “Il cinema ci cambia la testa”, ed. LaNuovaBussolaQuotidiana).

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Dopo lo scanzonato Gérard Depardieu anche l’altrettanto scanzonato Thomas Milian, nell’autobiografia, dice apertamente che per entrare nel dorato mondo del cinema ha pagato in natura. Non era certo una novità, nell’ambiente, ma prima si doveva osservare un po’ di discrezione perché i tempi non erano maturi e tutto era affidato al gossip. Secondo due bestseller degli anni Settanta, Hollywood Babilonia e Il sofà del produttore, è sempre stato così e, per esempio, quando ebbe finalmente in mano il primo contratto pare che a Marilyn scappò detto: ora posso smettere di fare i…! Ma è così per tutti e tutte? Boh. Leggendo un profilo di Dino, bellissimo giovin cantante negli anni Sessanta, si apprende che, appena lo vide, Visconti gli propose di fare dei film con lui. Ma Dino rispose che preferiva restare cantante. In effetti, quello del cinema è un mondo in cui si entra per cooptazione. In televisione pure, e qui il rimando è al recente Telebordello (Gilgamesh editore). Forse per questo ancora nel Settecento la Chiesa francese vietava la sepoltura in terra consacrata ad attori e attrici (lo stesso Molière ne fu escluso). E non perché odiasse l’arte.