Sul «Giornale» del 24 maggio 2012, Paolo Guzzanti (già membro della Commissione Mithrokin), ha pubblicato un articolo in cui tra l’altro si legge: «Nel 1992 l’ambasciatore sovietico e poi russo a Roma, Anatoly Adamishin, si rivolse disperato al presidente Francesco Cossiga (che me ne parlò e lo scrisse anche nelle sue memorie) perché tutto il tesoro russo in valuta veniva trasferito in Italia e in Germania per essere riciclato e fatto sparire da una banda di speculatori e finanziari in collusione con il Kgb e Cosa Nostra. Cossiga si rivolse a Falcone, suo amico, pregandolo di dare ai russi la sensazione di essere presi sul serio. L’ex procuratore si dette subito da fare con molti incontri segreti con gli inquirenti di Mosca, tutti formalmente autorizzati dal presidente del consiglio Andreotti con fonogrammi trasmessi dal ministero degli esteri. Quei fonogrammi, secondo lo stesso Andreotti, oggi non si trovano più e sono dati per persi, cosa mai accaduta nella storia della Farnesina: circostanza eloquente e inquietante. Falcone poteva far poco dal punto di vista pratico, al massimo dar prova di buona volontà, ma appare logico che abbia chiesto aiuto all’unico magistrato sul campo di cui si fidava ciecamente. E’ stato detto molte volte che Paolo Borsellino ebbe l’imprudenza di esclamare: “Adesso ho capito perché hanno ammazzato Giovanni”, firmando la propria condanna a morte. La scomparsa della famosa agenda rossa potrebbe rientrare nell’operazione di pulizia che fu attuata facendo sparire i suoi appuntamenti e programmi». Guzzanti aggiunge che, nel ventennale, il premier Monti si è augurato che «la ragione di Stato non freni la verità».