Sollecitato da un lettore, ho scritto questo Antidoto:
DOMANDE DI UN PAPA AL PAPA

Ogni sistema dogmatico abbisogna, gli piaccia o no, di un papa e di un vaticano. In Italia, sul versante laicista, questi ruoli sono ricoperti da Eugenio Scalfari e dal quotidiano-partito «Repubblica». Per lungo tempo il pontefice del pensiero «laico, democratico e antifascista», secondo la triade dell’autorevolezza (ormai) antica & accettata, è stato Norberto Bobbio. Scomparso lui, il Mantello di Elia è ricaduto tutto sulle sole spalle di Scalfari. Se ne è andato, nell’altra sponda, anche il referente preferito del laicismo nostrano, il cardinale Martini. Così, al papa laico non è rimasto che confrontarsi direttamente non con un antipapa ma col papa-papa, Francesco, che Scalfari, come tutti, trova simpatico. In un articolo su repubblica.it del 7 agosto 2013 il Nostro esprime, appunto, tutta la sua simpatia per papa Francesco, spiegandone le ragioni. Francesco non fa politica e dice che Dio non giudica ma perdona. Come scappò detto all’attrice Pamela Villoresi, sempre invitata a «Porta a porta» quando si parla di religione (in questi casi il salotto di Vespa ha sempre i soliti ospiti). Interrogata sulle ragioni, secondo lei, del plauso universale che circondava la figura di Madre Teresa, esclamò: «Ma perché questo è il cristianesimo che ci piace!». Cioè, un cristianesimo che si occupa dei poveri e sta zitto. Infatti, ecco Scalfari su Bergoglio: «Di politica non si occupa, non l’ha mai fatto né in Argentina da vescovo né dal Vaticano da papa. Criticò Videla sistematicamente, ma non per l’orribile dittatura da lui instaurata ma perché non provvedeva ad aiutare i poveri, i deboli, i bisognosi. Alla fine il governo, per liberarsi di quella voce fastidiosa, mise a sua disposizione una struttura assistenziale fino a quel momento inerte e lui abbandonò la sua diocesi ad un vicario e cominciò a battere tutto il paese come un missionario, ma non per convertire bensì per aiutare, educare, infondere speranza e carità». Naturalmente, Videla era «orribile» perché non era Allende (cioè, non era comunista), e che Bergoglio non avesse intenzione di «convertire» ma fosse un semplice filantropo celibe bizzarramente vestito è una proiezione scalfariana: il cristianesimo come piace a lor signori. D’altra parte, Scalfari non ha nemmeno letto l’enciclica di Bergoglio-Ratzinger («L’enciclica è alquanto innovativa rispetto ad altre sullo stesso tema emesse dai suoi predecessori»), altrimenti non avrebbe sparato la citazione che ho messo tra parentesi. Plaude a Francesco come i liberali plaudivano al Pio IX che concedeva loro l’amnistia: «Non c’è mai stato un papa che abbia inalberato il vessillo della povertà, non c’è mai stato un papa che non abbia gestito il potere, che non abbia difeso, rafforzato, amato il potere, non c’è mai stato un papa che abbia sentito come proprio il pensiero e il comportamento del poverello di Assisi. E non c’è mai stata, se non nei casi di debolezza e di agitazione, una Chiesa orizzontale invece che verticale». La tirata sul «potere» della Chiesa è vecchia come Lutero, ma non si può pretendere di più da quelli che odiano il potere altrui perché lo vogliono tutto loro. Ma cos’è questa Chiesa orizzontale che piace a Scalfari? Ma quella del compianto Martini, ovvio: «Il cardinale Martini (vedi caso anch’egli gesuita) voleva accanto al magistero del Papa la struttura orizzontale dei Concili e dei Sinodi dei vescovi, delle Conferenze episcopali». Cioè, quella che Juan Donoso Cortés definiva «l’anarchia nella Chiesa», coi dogmi sottoposti a maggioranze sempre mutevoli, un regime assembleare permanente e rissoso. Eppure, Scalfari non ha dubbi (che però paiono più che altro sue speranze): «Bergoglio ama anche lui la struttura orizzontale. La sua missione contiene insomma due scandalose novità: la Chiesa povera di Francesco, la Chiesa orizzontale di Martini. E una terza: un Dio che non giudica ma perdona. Non c’è dannazione, non c’è Inferno». Insomma, il «cristianesimo che ci piace». Ma poi, ecco uno sprazzo di lucidità che contraddice quanto appena detto: «Una Chiesa povera, che bandisca il potere e smantelli gli strumenti di potere, diventerebbe irrilevante. È accaduto con Lutero ed oggi le sette luterane sono migliaia e continuano a moltiplicarsi. Non hanno impedito la laicizzazione anzi ne hanno favorito l’espansione». Certo, che quelle di Lutero siano chiese «povere» e non compromesse col potere (quando invece nacquero come chiese di Stato, e le denominazioni storiche ancora lo sono) è una perla scalfariana, ma da uno di «cultura» illuministica (come lui stesso si qualifica) non si può pretendere di più. Infatti, in coda di articolo Scalfari schiaffa il trito luogo comune laicista su san Paolo, «vero inventore» del cristianesimo (sottinteso: traditore dell’autentico messaggio di Gesù). Ma poi, da papa a papa, pone a Bergoglio tre domande, due delle quali non avrebbe formulato se avesse letto il catechismo. La terza è da filosofo, quale si picca di essere: «Papa Francesco ha detto durante il suo viaggio in Brasile che anche la nostra specie perirà come tutte le cose che hanno un inizio e una fine. Anch’io penso allo stesso modo, ma penso anche che con la scomparsa della nostra specie scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio e che quindi, quando la nostra specie scomparirà, allora scomparirà anche Dio perché nessuno sarà più in grado di pensarlo». Dio è dunque un pura creazione del pensiero, non «Colui che è». Cascano le braccia…