Qualcuno si è chiesto come mai non abbia detto nulla a proposito del mancato premio Nobel al papa. In verità, avrei dovuto dire la mia almeno sui venticinque anni (a tutt’oggi) del suo pontificato sulle reti di Rai International, ma uno sciopero di treni mi ha impedito di essere in studio a Roma (qualcuno prima o poi dovrà contare tutti gli scioperi avvenuti sotto il governo del centro-destra e paragonare la cifra a quella del precedente governo di centro-sinistra). 

Devo dire che sono contento per ambedue le cose: lungo pontificato e non assegnazione. Sì, perché non si danno premi a chi fa solo il suo mestiere. Un papa è sempre «per la pace», ci mancherebbe. E’ vero, certi suoi predecessori hanno chiamato alla crociata, ma erano tempi in cui di premi internazionali non si parlava. 

E le crociate erano il nome antico degli «interventi umanitari». Nobel ideò quel premio quando scoprì la dinamite, sconvolto dall’uso che si sarebbe potuto farne. Se avesse visto la bomba atomica, cosa avrebbe detto? 

No, si premia gente come Dario Fo o Rigoberta Menchù, non il papa. Fu giusto premiare Madre Teresa, perché quei soldi le servivano per i suoi assistiti. Ma un papa deve darli, i premi, non riceverli. Il papa, per noi cattolici, è nientemeno che il Vicario di Dio, non un «operatore umanitario» qualsiasi. Oh, certo, se quel premio glielo avessero dato, nessun problema. Perché no? 

Un po’ di applausi e qualche soldo sono sempre meglio di nessun plauso e zero denari. Ma, datemi retta, è meglio così. Sono già in troppi a volerla, la deriva sociologica della Chiesa, come se fosse una ong meglio organizzata delle altre, con addetti vestiti in modo suggestivo e un capo troppo malandato per reggersi in piedi. No, come ha benissimo scritto Juan Donoso Cortés (Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo) nell’Ottocento, la Chiesa e il papa sono gli intermediari tra il divino e l’umano. Altrimenti, sono solo ingombranti e, tutto sommato, inutili. 

Per questo le rivoluzioni, ogni rivoluzione, si sono sempre rivolte contro di loro. Cominciando dai più “inutili”: gli ordini contemplativi.