I pensionati stanno ricevendo in questi giorni (febbraio 2008) una lettera dall’Inps: si rechino al Caf più vicino per dichiarazioni, verifiche etc. Tanto, i pensionati non hanno niente da fare. Anche quelli che sono vecchissimi, malatissimi e solissimi.
E’ nel dna degli statalisti (tutta la sinistra, ma anche quella ex democristiana e gli ex missini) “lottare” contro l’evasione fiscale, che per loro è il peggiore crimine che mente umana possa concepire. Questo refrain della «lotta all’evasione» lo si sente da sempre, con un picco ossessivo al tempo di Craxi (ricordate lo slogan governativo «Io pago le tasse. E tu?»; allora come oggi bisognerebbe rispondere: «E tu, Stato, cosa ne fai di tutti i soldi che ti diamo?»). Tuttavia, gli studenti del ragioneria sanno che anche la «lotta» ha un costo.
E che, se questo costo supera il guadagno, la «lotta» non merita farla. Ecco perché con i cosiddetti «grandi evasori» (quelli in milioni di euro, quelli che hanno la residenza a Monaco o a Londra o in Svizzera o alle Cayman…) il Fisco «patteggia», contentandosi di una parte di quel che gli spetta (secondo le regole, va detto, che esso stesso ha posto). Sì, perché i ricchi, potendo pagarsi fior di avvocati e di fiscalisti, possono dare tanto di quel filo da torcere al Fisco da provocare la situazione di cui si diceva sopra: un costo, anche in ordine di tempo (che è denaro) molto vicino, se non pari, all’eventuale ricavo. Meglio un uovo oggi che una gallina (forse) domani.
E’ uno dei princìpi-base della scienza economica. Perciò, il Fisco, fatti due conti, realizza che sottraendo mezzo euro a testa a milioni e milioni di poveracci indifesi, incassa molto di più, e subito, rispetto alla caccia alle, tutto sommato poche, megatrasgressioni. Così, la cosiddetta «giustizia» si risolve in un pernacchio. Tuttavia, i soliti studenti di ragioneria sanno che c’è un altro mezzo per lottare contro l’evasione: renderla poco conveniente. Il che si realizza solo tenendo basse le imposte. I miei lettori utilizzino questo piccolo promemoria per distinguere, alle prossime elezioni, chi sta davvero «dalla parte del popolo».