L’agenzia Zenit.org il 12 febbraio 2008 annunciava che in Iraq sono stati rilasciati i quaranta bambini sequestrati e rapiti da un gruppo di terroristi a Baghdad mentre si recavano a scuola.
Tre di questi bambini sono cristiani e i rapitori avevano imposto loro di convertirsi all’islam, pena la morte. Si tenga presente che per diventare musulmani basta pronunciare la formula detta shahada, cioè affermare davanti a due testimoni musulmani che c’è un solo Dio ed è Allah e Maometto è il suo Profeta. Eppure quei tre bambini si sono rifiutati, dichiarandosi disposti a morire pur di restare cristiani.

Chissà, forse i rapitori si sono spaventati loro, di fronte alla prospettiva di creare dei martiri. Martiri un po’ diversi da quelli a cui sono abituati, visto che nessuno li ha indotti tramite promesse paradisiache e finanziamenti alle famiglie.
Diversi, anche, perché non suicidi-omicidi. Diversi, infine, perché possiamo immaginare tre bambini che resistono alla pressione psicologica dell’essere soli in mezzo a quaranta coetanei musulmani e a quella fisica delle armi puntate alla tempia.
Tre bambini. Severo esempio per noi, qui al caldo, che magari troviamo pesante una piccola rinuncia quaresimale.