Sulla newsletter n. 66 dell’agenzia SviPop, a proposito dell’iceberg staccatosi dall’Antartide in questi giorni e riportato con enfasi in tutti i media come effetto del «riscaldamento globale», Riccardo Cascioli ha scritto: «Problema: se un iceberg alla deriva è lungo 41 km e largo 2,4 km, quale sarà la sua superficie?». Risposta (da elementari): 98,4 km. Bene. Allora perché «tutti i giornali» hanno parlato di 405 kmq? Risposta: «Tanti giornalisti, dimentichi delle regole base del mestiere, non verificano più le notizie.
Così basta che il primo traduca male dall’inglese una notizia e tutti ripetono l’errore all’infinito. In effetti, nella notizia originale  che arriva dall’University of Colorado’s National Snow and Ice Data Center, i 405 kmq non si riferiscono alla superficie dell’iceberg ma alla superficie totale del Wilkins Ice Shelf disintegratasi come conseguenza del distacco dell’iceberg». Ora, se i giornali hanno riportato tutti i numeri menzionati qui sopra, vuol dire che non ci si è presi neanche la briga di verificare la moltiplicazione 41 x 2,4.
E che, anche, ormai «la stragrande maggioranza dei lettori beve tutto quello che legge e vede, senza neanche più porsi delle domande». Ma c’è di più. In Antartide si è alla fine dell’estate e la formazione di iceberg è normale (nel 2000 se ne staccò uno di 11mila kmq; nel 1956 addirittura uno di 31mila).
Gli iceberg si formano quando il ghiaccio è in aumento, non il contrario. Cascioli: «Già, ma allora bisognerebbe anche ammettere che l’iceberg con il riscaldamento globale non c’entra niente. E allora addio soldi a chi – scienziati, giornalisti e politici - sugli allarmismi ci campa». Un’ultima cosa (che devo alla stessa agenzia) se il c.d. riscaldamento globale è un allarme del Terzo Millennio, cosa ci faceva nel 1912 al largo di New York (che è alla stessa latitudine di Napoli) l’iceberg che nel 1912 affondò il Titanic