Leggo sull’agenzia Zenit.org che, in vista della III Giornata per la Salvaguardia del Creato che si svolgerà l’1 settembre 2008, i vescovi italiani hanno inviato un messaggio urbi et orbi intitolato «Una nuova sobrietà, per abitare la Terra». La quale, stando ai presuli, «è minacciata da un degrado ambientale di vasta portata, in cui l’eccessivo sfruttamento di risorse anche fondamentali – a partire da quelle energetiche – si intreccia con varie forme di inquinamento».

Ora, poiché viviamo nella mai sufficientemente esecrata «società dei consumi», ci vuole –propongono i vescovi- una vera e propria «conversione ecologica». Tradotto in soldoni: una riduzione dei consumi. Non manca l’accorato appello alla «valorizzazione di fonti energetiche rinnovabili e pulite». Né il dito puntato su un tema scottante: il «problema della gestione dei rifiuti». Che, anziché riguardare solo amministratori come quelli campani, è notoriamente cosmico. Perciò i vescovi suggeriscono «prodotti facilmente riutilizzabili e riciclabili».

Comunque, punto focale rimane consumare meno. Ciò permetterà di «valorizzare in forme nuove quella tradizione di essenzialità che caratterizza tante comunità religiose, facendola diventare pratica quotidiana per tutte le realtà cristiane». Vediamo se ho ben capito: un pianeta intero che viva come un convento francescano del Duecento, con gli augelletti, i mulini ad acqua, lo frate Sole che tutti ne illumina e sora Morte garantita ai più? Qualcuno regali ai vescovi un manuale di economia per ragionieri. E qualcun altro suggerisca loro di andare a piedi, anziché in autoblù con autista, per inquinare meno. Infine, smettano di accettare offerte da industriali della plastica o del petrolio; sovvenzionino gli ospedali missionari coi soli spicci che pigliano alla questua domenicale. Se ci riescono.