Sul Corsera del 27 maggio 2009 un titolo mi intriga: «La Chiesa comprese Galileo ma non fu meno colpevole». Sottotitolo: «Il pentimento di oggi lascia intatte le responsabilità di ieri». Firma: Emanuele Severino. Mi aspetto, dunque, la solita tirata contro la Chiesa oscurantista. Invece, nel lungo e dotto articolo, il filosofo dimostra che, per Galileo, tramite la matematica si può raggiungere una conoscenza pari a quella di Dio. La Chiesa capì venissimo questo punto. «Mi riferisco al cardinale Roberto Bellarmino. Egli ebbe a possedere della scienza, matematica compresa, lo stesso concento che la scienza ha oggi di sé stessa: di non essere un sapere necessario (in senso filosofico, ndr), ma soltanto ipotetico, probabile, falsificabile (nel senso popperiano, ndr). E appunto per questo egli esorta Galileo a esporre le proprie dottrine non come un sapere necessario che costringe “assolutamente” a modificare la lettera delle Scritture (cioè l’affermazione del movimento del sole), ma come ipotesi che, come tali, possono convivere con quella lettera». Così conclude Severino il suo articolo: «La Chiesa che oggi si pente di aver condannato Galilei è cioè meno avanzata di quella che lo ha condannato». Insomma, il testo dell’articolo dice il contrario del titolo. Ora, poiché nei giornali il cosiddetto «titolista» è persona diversa dall’estensore, abbiamo un classico esempio di titolo fuorviante. E di media che, anziché informare, deformano.