In quest’epoca di «analfabetismo di ritorno» una delle principali ignoranze sembra essere quella religiosa. Più precisamente quella cristiana, giacchè parecchi nostri connazionali fan mostra di conoscere meglio il buddhismo e il New Age. Paradossalmente, dobbiamo ringraziare il terrorismo se l’argomento «religione» è tornato, almeno per un po’, dove dovrebbe sempre stare: al centro dell’interesse. Dopo l’11 settembre e l’attacco alle Twin Towers, l’islam ha avuto una pubblicità pazzesca e un sacco di gente si è messa a leggere il Corano. L’infuocato dibattito seguito alla paventata ipotesi di «scontri di civiltà» ha costretto molti a fare i paragoni con la propria, di religione. Così, i più hanno scoperto che del loro cristianesimo anagrafico poco sapevano. Di Vangelo ancora meno, a parte le frasi idiomatiche che ancora permeano il nostro parlare, tipo «date a Cesare…» o quella del cammello e della cruna. Resiste, sì, il fascino personale di Gesù, tant’è che anche Ornella Vanoni ha ammesso di essersi convertita (al protestantesimo, meglio che niente). Ma la dottrina, le Scritture, nisba. L’Antico Testamento rimane il più sconosciuto, se si eccettuano i frequentatori di «corsi biblici» parrocchiali in cui non di rado non bastano volenterose arrampicate sugli specchi per digerire passi imbarazzanti come quelli delle stragi ordinate dal Dio degli Eserciti o delle vergini che scaldavano il letto del vecchio Davide. L’Apocalisse è il testo più accantonato, anche perchè non ci si capisce niente. Tranne un passo, uno solo, quello del capitolo XIII che parla dell’Anticristo. Questo, grazie anche al cinema americano (negli Usa, causa la forte presenza fondamentalista protestante, il genere «apocalittico», appunto, va alla grande), lo conoscono tutti. E tutti conoscono il «numero della Bestia», che è 666. Il rock cosiddetto «satanico» si incarica della diffusione di questo simbolo tra i giovani, così che la copertura pubblicitaria può dirsi completa. Il «666», naturalmente, è finito col diventare un passatempo, uno scherzo buontempone da appiccicare ovunque si possa, così, tanto per épater le bourgeois : dai codici a barre (quelli per la lettura elettronica, presenti ormai su ogni merce) ai nomignoli affettuosi appioppati ai computer centrali di istituzioni internazionali. Un po’ come il «Grande Fratello», insomma, nato come prospettiva tragica in Orwell e finito in intrattenimento pettegolo. Ci sono anche le semplici coincidenze, certo, come quella del Call Center delle Poste romane. Qual migliore idea di triplicare il prefisso telefonico di Roma? Dunque, ecco qua: 060606, che è pure di facile memorizzazione. Così, per chiamare qualunque servizio, qualunque impiegato, qualunque azienda comunale nella città del papa, basterà comporre questo numero unico. Voi mi direte che ci sono anche i tre zeri, ma qualunque esperto di aritmopsefia (la cabala coi numeri, per intenderci, la numerologia esoterica) vi risponderà che lo zero conta appunto niente. Ed ecco la città sacra al cristianesimo percorsa in lungo e in largo, continuamente, dal Numero della Bestia. Lunga vita ed efficienza a questo servizio dei servizi, dunque, e speriamo che non accada quel che accadde a suo tempo col ministero dei trasporti inglesi, il quale fu sollecitato a ritirare tutte le targhe automobilistiche recanti un 666 perché i proprietari, superstiziosi, lamentavano un continuo assillo di accidenti e incidenti da quando si erano ritrovati col Numero della Bestia davanti e in coda. Potrei moltiplicare gli esempi al riguardo, ma faccio prima a rimandare il lettore curioso al mio libro I mostri della ragione/2 (Ares), che contiene, tra le altre cose, qualche chicca in materia. Certo, nell’Apocalisse c’è scritto che, a un certo punto, quel numero dilagherà (non sappiamo se zitto zitto o platealmente). E, in effetti, una cosa può dilagare in tre modi: sia che la si divulghi per celia, sia che lo si faccia per preciso intento, sia che si diffonda tramite semplici coincidenze. E non è detto che i tre modi non possano coesistere. Le profezie hanno questo, di singolare: prevedono una cosa che accadrà per forza a dispetto dei tentativi di scongiurarla. Così che, avveratasi, si possa dire: io ve l’avevo detto. Qualche anno fa il clero ortodosso russo protestò vivacemente con le autorità e riuscì a far togliere il 666 dal codice a barre, non volendo finire come chi «non potrà più vendere né comprare» senza quel numero (così infatti recita il famoso capitolo XIII dell’Apocalisse). Invece un cattolico che pellegrina nella sua Città Santa dovrà comporlo, quel numero, se vorrà «comprare» un’informazione (al costo di un gettone telefonico o, se gratuito, al costo delle tasse con cui è stato pagato l’appalto). Con la differenza che, se protestasse, verrebbe immediatamente qualificato di «bigotto» e «retrivo». O «superstizioso», magari proprio da parte del clero. Oh, no, non sto cercando di aizzare preoccupazioni apocalittiche; solo, di dimostrare l’ineluttabilità delle profezie. E’ un po’ come ad Halloween, che si ci si veste da morti per esorcizzare le nostre paure (ma si muore, prima o poi, lo stesso). O ci si trucca da diavoli, al medesimo scopo. Dunque, riempiamo pure ogni anfratto di 666 e ridiamoci su, ché ci passa la paura. A meno che qualche esorcista vero non abbia qualcosa di ridire. Sì, perché per lui «esorcizzare» non è un giochetto psicologico omeopatico: lui sa bene che certe cose si allontanano per mezzo di cose diametralmente opposte. Ed è anche l’unico a cui certe cose non fanno venire mai alcuna voglia di ridere.

P.S.

Questo è solo uno dei 74 sfiziosi capitoletti del mio Il Kattolico-2 (Sugarco), ideale da leggersi sotto l’ombrellone o un albero. Ma spicciatevi, perché è quasi esaurito.