Un lettore mi ha ricordato il caso del giovane medico ungherese I. Semmelweis (a proposito della secolare lagna sul povero Galileo incompreso e perseguitato dalla Chiesa). Nella seconda metà del XIX secolo il Semmelweis era andato a lavorare all’ospedale generale di Vienna. Qui si accorse che nella clinica ostetrica I quasi tutte le puerpere morivano in seguito a violente febbri. Nella II no. Volle fare un esperimento e spostò il personale della I nella II e viceversa. Anche la mortalità si spostò. A quel tempo nulla si sapeva di microbi. Dopo ogni tipo di prova, vide che erano gli studenti: dopo le anatomie, passavano alla clinica. Ma l’unica differenza era l’odore caratteristico delle loro mani. Ordinò di “deodorarle” con cloruro di calce. Miracolo. A quel punto volle che tutto, anche gli strumenti, venisse così trattato. Aveva scoperto la disinfezione ma fu sommerso da un mare di critiche, gelosie, maldicenze e polemiche, tanto che dovette abbandonare Vienna. Tornò a Budapest, ma ormai la “fama” lo aveva preceduto. Divenne quasi pazzo e morì per essersi ferito in un accesso d’ira durante un’autopsia. Di infezione. E’ uno dei (tanti) casi di inquisizione laica che hanno colpito (e colpiscono) i pionieri. Cfr. “Storia delle medicina” di Luciano Sterpellone (San Paolo, 1998).