Pierluigi Baima Bollone, citando A. M. Di Nola, riporta un’abitudine di Vittorio Emanuele II: lasciava crescere l’unghia dell’alluce per un intero anno, poi la tagliava e la affidava al suo orafo «affinché le incastonasse in oro e diamanti, per poi farne dono alle sue amanti». Di tali gioielli se ne contano una quindicina. La domanda è: che scarpe portava, il re, in simili circostanze? (cfr. “Esoterismo e personaggi dell’Unità d’Italia”, Priuli & Verlucca, p. 264).