«Chi canta prega due volte». Pare che l’abbia detto sant’Agostino. Ma con ogni evidenza si riferiva al canto dei suoi tempi, quello che il suo padrino, sant’Ambrogio, stava sistematizzando (canto «ambrosiano», ben più solenne e austero del successivo «gregoriano»; e, soprattutto, privo di strumenti musicali). Mica poteva sapere che la sua frase sarebbe stata utilizzata dal clero del terzo millennio per ottenere la tanto sospirata «partecipazione» dei fedeli all’«assemblea liturgica» che il prete «presiede». Così, quando l’intero uditorio si mette a cantare a squarciagola i pezzi numerati imposti dal complessino, finalmente la «celebrazione eucaristica» può dirsi pienamente «partecipata», con grande soddisfazione del «presidente» che non di rado ha interrotto a metà il rito per arringare l’uditorio che cantava poco o piano.