Dall’agenzia NuovoAbruzzoPress del 22 gennaio 2013 cavo la prima parte di un articolo di Piero Vassallo: «Il fondatore della scuola catto-comunista di Bologna, don Giuseppe Dossetti, ha dichiarato e vantato più volte di aver maturato, fin dagli anni giovanili, “un irriducibile antifascismo”. Nell’immediato dopoguerra il futuro sacerdote Dossetti era l’adamantino capofila della sinistra democristiana e sosteneva, con convinzione intransigente, che l’antifascismo era indispensabile “per riguadagnare ai cattolici un posto centrale in Italia”. Di qui l’antipatia e l’avversione a Luigi Gedda, l’esponente cattolico che giudicava possibile ed auspicabile una ragionevole intesa, in funzione anticomunista e antimassonica, tra cattolici ed esponenti della destra post-fascista e moderata di Arturo Michelini (…). Senonché sull’icona del cattolicesimo antifascista c’è una macchia nera: lo storico Paolo Acanfora, infatti, ha trovato il certificato di una iscrizione al Pnf di Dossetti prof. Giuseppe. Firmò il compromettente attestato il federale di Reggio Emilia in data 4 giugno del 1940. Nel documento in questione il federale, Dino Fantozzi, precisò che la prima iscrizione del camerata Dossetti risaliva al 1935». Commento (mio): certo, è incredibile il numero di antifascisti che ebbero un’infatuazione giovanile per il Duce… Ma quanti erano gli antifascisti fin-da-subito? Tre?