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«Ammesso e non concesso che il periodo del colonialismo sia stato soltanto una storia di furti di risorse, negli ultimi 50 anni sono stati versati ai paesi africani, per la lotta alla povertà, oltre mille miliardi di dollari. Mille miliardi di dollari. Per fare un confronto, il famoso «piano Marshall» che gli americani promossero per risollevare l’Europa dopo la Seconda guerra mondiale, consisteva in un investimento di 14 miliardi di dollari spalmati in 4 anni. L’Europa con 14 miliardi è ripartita in fretta, l’Africa con 1000 miliardi fa estremamente fatica a uscire dal sottosviluppo. Possibile che certo mondo cattolico non sia in grado di farsi qualche domanda seria sulla realtà dell’Africa e, più in generale, dei paesi in via di sviluppo?» (R. Cascioli, La Nuova Bussola Quotidiana, 3.5.19).

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«L’umanitarismo non riduce la povertà. Anzi. Ingrassa i corrotti, arricchisce i dittatori, abitua la gente a mendicare. Quando non allunga le guerre. Sono gli economisti africani a denunciarlo. In mezzo secolo, a partire dalle indipendenze, l’Africa ha usufruito a vario titolo di aiuti finanziari per oltre mille miliardi di dollari senza che questo abbia portato a una riduzione della povertà. Al contrario, tra il 1970 e il 1998, periodo in cui sono affluiti nel continente i maggiori contributi dall’estero, la povertà è salita dall’11 al 66 per cento» (Rassegna Stampa, 12.7.18).

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«Dalla fine della colonizzazione europea, ogni anno decine di miliardi di dollari, quasi tutti forniti dall’UE, dai suoi stati membri, da Gran Bretagna e Stati Uniti, si riversano sul continente (africano, ndr) per realizzare progetti di sviluppo, far fronte alle emergenze umanitarie, saldare debiti pubblici, pagare le spese elettorali, assistere sfollati e rifugiati, tenere aperti e funzionanti ospedali e scuole, riempire le casse statali, mantenere le missioni di peacekeeping, tenere incollati ai tavoli negoziali i portavoce dei gruppi armati e dei governi in guerra, combattere il terrorismo islamico…» (Anna Bono, La Nuova Bussola Quotidiana 8.6.18).

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Così ha scritto padre Piero Gheddo, decano dei missionari italiani, su Tempi.it del 26 luglio 2017: «Dal 1947 al 1953 gli Stati Uniti lanciavano il Piano Marshall, 20 miliardi di dollari per i paesi dell’Europa occidentale distrutti dalla guerra, che vennero restituiti con l’interesse dell’1 per cento. Il Pew Research Centre di Washington ha calcolato che nei 50 anni dell’indipendenza africana (1960-2010), i doni, gli aiuti e i finanziamenti del “Piano di sviluppo” per l’Africa nera sono stati di 300 miliardi di dollari». Morale: è inutile dargli soldi se prima non gli cambi la testa. Come diceva Montanelli, i soldi è meglio darli ai missionari.

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Puntale come il destino, a novembre ricomincia la lagna postal-natalizia di offerte per l’Africa affamata. E’ da quando sono nato che, commossi, diamo soldi agli africani. I quali li usano per massacrarsi l’un l’altro al fine di strapparseli. Avendoci preso gusto, ora vengono a prenderseli a domicilio. Poi dice che uno passa dalla pietà alle scatole piene…

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Ma davvero i giovani d’oggi sono incapaci di assumersi impegni definitivi come il matrimonio indissolubile o il sacerdozio celibe? Il vescovo africano Adoukonou (uno dei dodici vescovi africani autori del libro “Africa. La nuova patria di Cristo”, Cantagalli) scrive: «La Chiesa non avrà mai la pretesa sacrilega di credersi più misericordiosa che il suo Signore e il suo Dio. Continuiamo da parte nostra a pensare che, proprio come i giovani che si sentono schiacciati dal “moralismo” della Chiesa si rivelano capaci d’impegno radicale della loro vita nelle avventure terroriste e di kamikaze, i giovani delle nostre famiglia cristiane sono, anche loro, oggi ancora di più capaci di impegni definitivi senza i quali la famiglia non può costituirsi».

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Il solito padre Gheddo, intervistato da Luigi Chiarello su “Italia Oggi” dell’8 novembre 2012, ha parlato del problema africano, dicendo senza mezzi termini che il problema dell’Africa sono gli africani. E ha fatto un esempio, raccontatogli dal suo collega p. Carlo Scapin, missionario in Camerun da decenni: “Non molto tempo fa, un nostro cristiano, che è generoso e aiuta in parrocchia, al mattino ha trovato davanti alla sua porta un uovo rotto, che è segno di morte. Disperazione della famiglia, perché pensano che questa è una minaccia di morte. Vado a dare una benedizione a quella casa con i paramenti sacri più solenni, l’acqua santa, l’incenso, il mio crocifisso di missionario, il libretto delle benedizioni in latino. Erano in molti ad aspettarmi, seduti anche per terra, parenti e vicini di casa. Ho fatto una cerimonia solenne e lunga, con canti, letture in ewondo, benedizioni in latino; poi ho benedetto con l’acqua santa e incensato tutta la casa, ho imposto le mani a tutti i membri della famiglia. Infine ho fatto il mio discorsetto dicendo loro: non abbiate paura, con le mie benedizioni Gesù Cristo è entrato nella vostra casa e nessuno può più mandarlo via, se voi pregate con fede; se avete altri segni negativi, chiamatemi. E tutto per un uovo! Se la cosa fosse andata avanti, quella povera gente, che pure sono fedeli a Cristo e alla Chiesa, sarebbe vissuta nel terrore. I casi di questo genere sono molti e spesso non vengono subito alla Chiesa, ma vanno dal marabut (stregone, ndr) che queste cose le capisce più del prete. Il quale fa i suoi segni misteriosi e dà il responso: accusa il tale o il tal altro di voler male a quella famiglia e incominciano i sospetti, le gelosie, le vendette, una famiglia o due sono distrutte o squassate”.