Antonio Gaspari, sull’agenzia Zenit del 22 aprile 08, fa sapere dell’uscita di un libro che si presenta intrigante: Fede e Scienza, un incontro proficuo. Origini e sviluppo della metereologia fino agli inizi del ‘900, scritto da Luigi Iafrate e pubblicato dall’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
L’autore, che è uno specialista, ha pubblicato in precedenza un testo che, fosse uscito prima, mi sarebbe piaciuto utilizzare per il mio Doveroso elogio degli italiani (Bur): Dalla meteorologia antica alle origini italiane della meteorologia moderna. Diavoli d’italiani, hanno inventato proprio tutto! E non solo italiani ma pure preti! E’ un domenicano perugino, Egnazio Danti, a costruire il primo anemoscopio-anemometro (strumento che indica la direzione e misura la velocità del vento) moderno.
Evangelista Torricelli, faentino, inventa nel 1643 il barometro. E’ allievo del monaco Benedetto Castelli, che introduce il pluviometro. Nel 1654 il duca Ferdinando II de’ Medici inaugura il primo servizio meteorologico del mondo con l’ausilio del gesuita Luigi Antinori.
L’elettricità dell’aria è studiata, si sa, dal piissimo Alessando Volta. In contemporanea con lo scolopio Giambattista Beccaria. L’abate Felice Fontana perfeziona il barometro, il canonico Angelo Bellini il termometro, il barnabita Francesco Denza il pluviometro. Il gesuita Angelo Secchi realizza un metereografo, cioè la prima stazione automatica al mondo, meraviglia dell’Esposizione di Parigi del 1867.
Grazie a Denza e Secchi nacque in Italia il primo servizio meteorologico di Stato. Le stazioni di misurazione si trovavano nelle abbazie di Vallombrosa, Camaldoli, Montecassino e Montevergine. Agli inizi del ‘900 i gesuiti organizzarono una rete di osservazione per lo studio dei tifoni, a vantaggio della navigazione in Estremo Oriente.
Questo per la meteorologia. Se vi interessa l’astronomia, andate a vedere il ruolo del clero nel mio Il caso Galileo (Quaderni del Timone).