L’altro giorno l’edizione prandiale del TG 4 mandava in onda un servizio sui cani di grossa taglia e sulla sventatezza di quei proprietari che li lasciano liberi di scorrazzare, senza museruola, nei parchi dove giocano i bambini. L’occasione era la solita: l’ennesimo azzannamento di pargoli (nella fattispecie con mamma annessa, ora ambedue gravi in ospedale). L’intervistatrice avvicinava, con rispetto, una ragazzina stravaccata sull’erba accanto a un settanta chili nero e le chiedeva se le sembrava prudente portare a spasso quell’enormità che pesava il doppio di lei. Naturalmente, senza museruola e guinzaglio (quest’ultimo, va detto, sarebbe servito a poco in caso di scatto della bestia). Quella, vista la telecamera, ha risposto, acida e piccata: e a lei sembra corretto riprendermi senza avermene chiesto il permesso?
Il regista ha pensato bene di voltare pagina, perciò nulla sappiamo del prosieguo. Ma ci basta per un’identikit: tredici-quattordici anni, dunque “figlia di famiglia”. Famiglia politically correct, a quanto pare, cioè attentissima ai «diritti» propri e assolutamente indifferente a quelli altrui. «Diritti», tra l’altro, imparaticci a colpi di slogan, perché l’ignoranza sul diritto di cronaca era, nel caso in questione, palese. Non ci stupirebbe sapere la finestra di questa famiglia paludata da bandiere arcobaleno.
Già, perché tout se tient e chi sventola uno dei dogmi politicamente corretti di solito ha già ingoiato tutti gli altri. Possiamo star sicuri che, se la fazione cui fanno certamente capo questi «libertari» prendesse definitivamente il potere, la sua potenza propagandistica rovescerebbe in ventiquattr’ore la mistica dei «diritti» in quella dei «doveri», doveri e basta, con squadracce talebane in giro a farli intendere a chi non avesse ben capito che il vento è cambiato.