Il 28 maggio 2010 su Zenit.org il p. Piero Gheddo ha riflettuto sulla cosiddetta «morale laica». Sarà capitato anche a voi, certo, di conoscere perfetti atei la cui etica è molto superiore a quella di tanti cristiani, preti compresi, di vostra conoscenza. Ma essi non possono non dirsi cristiani, giacche il loro buon comportamento ha come sfondo la millenaria cultura cristiana. Infatti, in Giappone ancora oggi «il senso comune considera la vendetta un gesto sacro e doveroso per tutti. Il precetto del perdono delle offese ricevute è uno dei principali ostacoli perchè un giapponese si converta a Cristo». Si pensi alla morale islamica, diversissima dalla nostra. Si pensi all’India, dove la Costituzione ha abolito le caste fin dal 1950 ma al popolo non gliene può fregare di meno. Non solo, ma anche all’interno del mondo cristiano, la morale «laica» è la cosa più variabile che ci sia. Per esempio, si pensi al «delitto d’onore», fino a non molto tempo fa contemplato anche dal Codice. E, sempre per restare in tema di «onore», il duello era praticamente obbligatorio all’interno dell’esercito ancora nell’Ottocento (e tra i civili fino ai tempi del fascismo). Invece, la Chiesa li vietava (il b. Faà di Bruno dovette dimettersi dall’esercito per aver rifiutato di battersi con un collega che lo aveva insultato; lo stesso il Servo di Dio Felice Prinetti, fondatore delle Suore di San Giuseppe). Ed era «accusata di appoggiare la vigliaccheria dei deboli». Diceva bene, infine, Oscar Wilde: «La Chiesa cattolica è per i santi e i peccatori, per le brave persone può bastare quella anglicana».