Su LaStampa.it del 13 ottobre 2012, Luca Ricolfi ha postato un articolo dal titolo “Se il fisco è più iniquo di prima” che consiglio di leggere ai fan del governo Monti, spacciato per “tecnico” ma in realtà molto più politico di quelli di prima (da cui, tra l’altro, ha imparato i giochi di prestigio fiscale, tipo dare –poco- con una mano –quella visibile- e togliere –molto- con l’altra, quella dietro la schiena). Uno dei passi pregnanti del pezzo è questo: “Se poi a tutto ciò aggiungiamo l’aumento di un punto dell’Iva, che scatterà nella seconda metà del 2013 (ossia dopo le elezioni, guarda caso), è facile dedurne che la pressione fiscale aumenterà su quasi tutti i contribuenti, e in misura massima sui poverissimi, che non solo non potranno usufruire di alcun beneficio fiscale (perché non versano tasse), ma pagheranno l’aumento dell’Iva nella veste di consumatori, e lo faranno in misura maggiore di qualsiasi altro gruppo sociale, visto che la propensione al consumo è ovviamente massima là dove non vi è alcuna possibilità di risparmiare”. Nei manuali degli Itc (Istituti tecnici commerciali, i.e. per aspiranti ragionieri) si può leggere che dicesi “propensione al consumo” la percentuale del proprio reddito destinata a essere spesa; ciò che rimane si chiama “propensione al risparmio”. E’ ovvio che chi ha in tasca solo un euro lo spenderà tutto per mangiare (se gli basta): dunque, la sua “propensione al consumo” è pari al 100%.