L’agenzia Corrispondenza Romana mi segnala un pezzullo comparso su «L’Espresso blog» il 2 aprile 2013. Lo riporto. «Il professor Paolo Becchi è ormai lo scienziato politico numero uno di Beppe Grillo e del movimento 5 stelle. È sua l’idea bizzarra che l’attuale parlamento può funzionare anche senza un governo nuovo, perché basta e avanza il vecchio, in regime di perenne “prorogatio”». Becchi, professore di filosofia del diritto all’università di Genova, nel 2008 pubblicò un libretto presso l’editrice (cattolica, ndr) Morcelliana di Brescia, “Morte cerebrale e trapianto di organi”, «che sarebbe passato inosservato se Lucetta Scaraffia non l’avesse rilanciato con grande enfasi in un editoriale sulla prima pagina de “L’Osservatore Romano” del 3 settembre. In Vaticano fu un terremoto. Perché la tesi di Becchi, condivisa da Scaraffia, faceva a pezzi la convenzione di Harvard del 1968 che individua il segno dell’avvenuta morte non nell’arresto cardiaco ma nell’encefalogramma piatto e quindi legittima i prelievi di organi quando il cuore del donatore ancora batte. Anche la Santa Sede, come la quasi totalità dei paesi del mondo, era ed è a favore della convenzione di Harvard e della pratica che ne consegue. Dovette quindi intervenire padre Federico Lombardi per precisare che l’articolo di Scaraffia “non è un atto del magistero della Chiesa né un documento di un organo pontificio” e che le riflessioni ivi formulate “sono ascrivibili all’autrice del testo e non impegnano la Santa Sede”. Ma la controversia non si spense affatto. Già nel 2005, quando in un convegno a porte chiuse della Pontificia Accademia delle Scienze un buon numero di esperti aveva contestato come priva di attendibilità scientifica la convenzione di Harvard, le autorità vaticane erano corse ai ripari non pubblicando gli atti del convegno. Ma provvide l’editore Rubbettino a stamparli, in italiano e in inglese. Dalla lettura degli atti si poteva vedere che contro la convenzione di Harvard c’erano anche due studiosi molto apprezzati da papa Joseph Ratzinger, i professori Joseph Seifert e Robert Spaemann, oltre a Becchi che al convegno non aveva partecipato ma scrisse il suo contributo al libro, curato da Roberto de Mattei. E come non bastasse, nel febbraio del 2009, pochi mesi dopo l’articolo di Lucetta Scaraffia, diversi studiosi contrari alla convenzione di Harvard, tra i quali Becchi e de Mattei, tornarono a prendere la parola in un congresso internazionale nell’Hotel Columbus, a pochi passi da piazza San Pietro, alla presenza di cardinali, dirigenti di curia e membri delle accademie pontificie. Ma a questo congresso “L’Osservatore Romano” non dedicò neppure una riga».