Questo nostro popolo, grazie anche all’autorevolezza d’immagine (ma solo di quella, ahimè) raggiunta dall’attuale pontefice, non esita nei sondaggi a dichiararsi a incredibile maggioranza cattolico. 

Perfino potenti direttori di potenti quotidiani si dicono tranquillamente cattolici, anche se fino a qualche anno fa l’avrebbero taciuto. Ora, seguite questo ragionamento: se i cattolici in Italia sono così tanti, è sicuro che anche fra i giornalisti ce ne siano moltissimi (dico «è sicuro» anche perché lo so, parecchi li conosco personalmente). Ma la domanda è: vi sembra che l’informazione in questo Paese sia influenzata dal cattolicesimo? No: il papa ha il suo solito angolino fisso e il suo vaticanista apposito. 

Tutti i giorni. Il papa ha detto… il papa ha fatto… il papa ha ricevuto… E basta. Eppure i giornalisti cattolici sono dappertutto e sono tanti. Ma seguono, come gli altri, la «linea editoriale». La quale è cattolica solo nelle pubblicazioni di settore. Insomma, il cattolicesimo è, per tutti, un fatto privato, privatissimo, un ombrello bagnato che si lascia fuori dalla porta prima di entrare al lavoro. 

Può darsi che mezzo secolo di «centrismo» abbia foggiato nei cattolici una mentalità «moderata», chissà. Una cosa che accomuna, comunque, i giornalisti cattolici e li distingue, che so, da quelli comunisti, è la pressochè totale mancanza di spirito di squadra. 

Considerano una gran fortuna e grazia di Dio l’essere riusciti, malgrado il loro cattolicesimo, a diventare giornalisti anziché supplenti di religione, e tanto basta loro. Per il resto, al massimo spalleggiano l’amico d’infanzia o il compagno d’associazione ecclesiale. Gli altri fratelli in Cristo? Si arrangino, come hanno fatto loro. 

O si rivolgano alla Provvidenza, che sta lì apposta. Voi mi direte che questo accade, fra i cattolici, anche al di fuori del settore giornalistico. E’ verissimo, ma ho parlato di quel che conosco meglio e di una categoria che, per l’apostolato, sarebbe l’ideale. Perché accade ciò? Ricordatevi del lamento evangelico sui «figli della luce» che sono, ahimè, «meno accorti» dei figli di qualcos’altro. E osservateli, questi: se toccano uno di loro, chiunque sia, ecco girotondi, comitati, manifestazioni, scioperi e cortei. 

Se è un cattolico ad essere nei guai, o disoccupato o impossibilitato anche a solo mostrare di essere bravo in quel che sa fare, gli altri, gerarchie comprese, fingeranno di neanche conoscerlo. Si rivolga alla Provvidenza per cavarsi d’impiccio o farsi strada. Oppure, si ingegni ad «emergere» a gomitate e lasciando gli scrupoli evangelici sotto il letto. Quando sarà «arrivato», allora tutti, gerarchie comprese, faranno a gara per favorirlo. 

Infatti, non lo dice il Vangelo che «a chi ha sarà dato»?